Torna a crescere la deforestazione in Colombia

22.03.2025

Un passo indietro che non dovrebbe intaccare il percorso positivo intrapreso negli ultimi anni. Può essere riassunto così l'ultimo dato sul tasso di deforestazione in Colombia che nel 2024 è tornato ad aumentare dopo un percorso importante intrapreso dal governo di Gustavo Petro, presidente che si è mostrato da subito sensibile sul tema ambientale a partire dal 2022, anno del suo insediamento, con l'obiettivo di raggiungere un tasso di deforestazione pari a zero entro il 2030. Considerando i 23 anni di monitoraggio, nel 2023 era stato raggiunto il tasso di deforestazione più basso: 79.256 ettari rasi al suolo. Per fare un paragone che renda bene l'idea, si consideri che l'anno peggiore da quando vi è il monitoraggio è stato il 2017, il quale ha contato 219.600 ettari rasi al suolo. Dopo due anni di dati confortanti (verificati dall'Ideam forest and carbon monitoring system), tuttavia, non vi è stata continuità: nel 2024 gli ettari sono stati 174.103 per un aumento complessivo del 35 per cento.

Un passo indietro che non è stato ravvisato dall'ex ministro dell'Ambiente colombiano, Susana Muhamad, presidente della Cop16, privilegiando le luci rispetto alle ombre e non solo, perché si tratta del secondo tasso più basso dopo quello del 2023. «La riduzione cumulativa dal 2021, che è la base di riferimento da quando è iniziato questo governo, è del 40 per cento», ha detto in una conferenza stampa Muhamad. La questione della deforestazione si gioca sull'«accaparramento delle terre», come sottolineato dallo stesso ex ministro, da parte di diverse società per fini di estrazione mineraria e per permettere l'allevamento estensivo di bovini e le colture illegali. Le zone più colpite sono quelle della foresta amazzonica: dei ventotto centri di deforestazione presenti in Colombia, ventidue si trovano in quell'area. L'abbattimento indiscriminato di alberi in tale regione contribuisce al cambiamento climatico, alterando i cicli idrologici e minacciando la sopravvivenza delle comunità indigene e contadine che dipendono dalle risorse naturali. Le implicazioni sono anche a livello globale dal momento che questa regione svolge un ruolo cruciale nella regolazione del clima e nella cattura dell'anidride carbonica.

Il successo della complessiva diminuzione di deforestazione, secondo il presidente della Cop16, è dovuto a diverse ragioni tra cui il fatto che oggi, «a differenza del precedente governo, il contadino non viene perseguitato ma piuttosto lavora al suo fianco». Muhamad ha riconosciuto il programma degli Accordi di conservazione, Conservar paga, in cui sono stati investiti 151 milioni di dollari per il rafforzamento istituzionale, l'impiego delle forze pubbliche e l'investigazione criminale. Entro il 2025, ha aggiunto l'ex ministro, il governo cercherà di «consolidare le indagini penali, per combattere le economie illecite, e i diritti territoriali dei contadini dell'Amazzonia settentrionale».

Dando un'occhiata ai dati che si riferiscono agli ultimi anni, il picco del 2017 ha avuto luogo dopo un costante aumento della deforestazione negli anni precedenti. Da quel momento non vi è mai stato un vero e proprio calo e dal 2019 al 2021 la deforestazione ha oscillato fra i 158.900 e i 174.100 ettari rasi al suolo. Dal 2022 si è presentato un netto miglioramento: dai 123.500 ettari da quando si è instaurato l'esecutivo ai 107.000 del 2023. Il governo Petro è sembrato prendere in mano la situazione seguendo un piano preciso e donando speranza per il futuro. Gli ultimi dati non sembrano tali da minare gli sforzi di lungo termine del governo che tuttavia si trova di fronte a un percorso non agevole nel centrare l'ambizioso obiettivo del tasso di deforestazione zero entro i prossimi cinque anni.


L'Osservatore Romano - 22/03/2025

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