Perché “aggratis” è meglio

Quanto sarebbero disposti a spendere per la cultura i giovani di oggi? L'arte deve avere un valore economico, oltre a quello intrinseco, o deve essere fruibile gratuitamente a tutti?
Nell'epoca dei social network e delle piattaforme online prende sempre più quota un concetto chiamato "prosumerismo", fenomeno per cui gli utenti possono essere sia fruitori ma anche produttori di contenuti. Ne consegue un rischio di distorsione ai fini della valutazione delle opere d'arte, per cui, ad esempio, un film di alta qualità risulta essere un prodotto di intrattenimento tanto quanto un qualunque video realizzato su TikTok da un profilo privato. Se i temi trattati nelle discussioni tra i giovani una volta erano il cinema e la musica, oltre allo sport ovviamente, oggi la scena è dominata da ciò che diviene virale su Internet, niente ha più successo del successo.
Tutto questo porta a un appiattimento per cui è sempre più difficile distinguere a livello qualitativo i prodotti e mette a rischio la sensibilità e l'approfondimento culturale da parte dei giovani. Provando quindi a rispondere alla domanda iniziale si potrebbe dire che forse i giovani preferirebbero non spendere nulla per la cultura, all'insegna della pura gratuità. Del resto, l'arte è per sua natura un gesto gratuito, in-utile.
Così la pensa anche Fabrizio Politi, uno storyteller con un blog sui social che negli ultimi tempi ha conseguito ottimi risultati con un format che consiste nel divulgare le tantissime opere d'arte presenti a Roma "aggratis". Quest'ultima espressione è diventata un marchio di fabbrica del suo lavoro, che vuole avvicinare soprattutto i giovani alle bellezze che la capitale già offre senza alcune pretesa economica.
Un utilizzo dei social che, dunque, può far alzare il livello culturale e fornire una nuova occasione per avvicinare i giovani al mondo dell'arte. «Tanti ragazzi dai 20 ai 30 anni mi fermano per strada, magari chiamandomi "aggratis", per ringraziarmi per avergli fatto conoscere delle cose di Roma — spiega Politi parlando a «L'Osservatore Romano» —. Io procedo attraverso diramazioni successive, ad esempio un'opera di Caravaggio la connetto con quella di un altro grande artista che si trova nelle vicinanze realizzando così una "mappa" che unendo i puntini fa risplendere la bellezza della città. Tutto questo all'insegna di una fruizione accessibile a tutti».
Un obiettivo semplice quanto impegnativo ma che sta realizzando ottimi risultati sui social network suscitando anche fenomeni di emulazione. Ultimo, e forse non del tutto sorprendente, effetto di queste iniziative emerse nei social è la riscoperta da parte di molti giovani della dimensione religiosa collegata strettamente all'arte. Il dato è confermato da un recente rapporto stilato dalla Conferenza episcopale francese secondo cui i giovani che si avvicinano alla fede grazie al patrimonio artistico sono in aumento. Dati che fanno ben sperare e sembrano contraddire il generale calo della pratica religiosa, soprattutto tra i giovani. Di questo calo della dimensione religiosa, con relativa crisi del nesso tra arte e fede, ne hanno fatto le spese diversi artisti e artigiani, anche se nei tempi più recenti è presente qualche segnale in controtendenza. Questa è l'opinione di Dante Mortet, artigiano che opera nel centro di Roma realizzando sculture e istallazioni intrise anche di una dimensione spirituale. «Ho dovuto modificare la mia produzione — spiega Mortet al nostro giornale — perché si è perso qualcosa nel significato intrinseco dell'arte e della creatività oltre che della stessa cultura. Al tempo stesso essere approdati nel mondo del digitale e dei social, se da una parte delocalizza la fruizione, dall'altra può rimettere in moto questa sete di bellezza che da sempre caratterizza gli esseri umani. In questo senso le piattaforme online, con le loro differenti modalità, riavvicinano i giovani all'arte e al suo senso profondo».
L'Osservatore Romano - 26/02/2025