La musica è un linguaggio universale che unisce i popoli

«All'inizio, in occasione dei primi concerti con l'orchestra, gli altri musicisti parlavano lingue diverse e sconosciute. Ma suonavamo assieme con grande empatia. La musica ha quella forza di non essere interpretata. Non dici mai una parola sbagliata quando suoni». Ecco come la musica si trasforma in mezzo di inclusione tramite il suo linguaggio universale e questa è la storia dell'Orchestra di Piazza Vittorio, a Roma, raccontata ai media vaticani da Pino Pecorelli, musicista nonché cofondatore dello storico gruppo rinato con il nome di BabelNova Orchestra nel 2024. «Oggi cerchiamo di creare in musica un'idea normalizzata dei fenomeni migratori. Ma quando nacque il nostro progetto si trattava di un'assoluta novità in un periodo non facile».
Il luogo non poteva che essere piazza Vittorio: «Era il simbolo dell'immigrazione, andavano tutti lì a comprare cibo proveniente da ogni parte del mondo nello storico mercato che oggi conserva quel fascino ma ha oramai perso quella funzione aggregativa. Esisteva la visione di una piazza multilingua che si è concretizzata, poi, in musica grazie all'idea di Mario Tronco e Agostino Ferrente», racconta Pecorelli. Le storie non mancano: una in particolare è quella di Ernesto Lopez «arrivato a Roma da Cuba a 19 anni». «Fece un provino con noi direttamente a un concerto, ma la situazione non fu semplice poiché i primi tempi non aveva il permesso di soggiorno. Ma tra le sue ambizioni vi era anche il sogno di poter suonare con Laura Pausini. Ora è parte stabile del suo staff e suona per diverse realtà della scena milanese. Tutto questo solo lavorando sodo nel tempo e divenendo cittadino italiano».
"Mischiare culture produce bellezza" era una delle frasi che caratterizzavano questa orchestra che negli anni si è anche tolta molte soddisfazioni. Nel 2020 l'Orchestra di piazza Vittorio ha vinto la 65esima edizione dei David di Donatello come Miglior Musicista per Il Flauto Magico di Piazza Vittorio, una riscrittura dell'opera di Mozart elaborata da Leandro Piccioni e Mario Tronco. Nei mesi passati il progetto è rinato (peraltro con il botto, se si considera la partecipazione al Festival di Sanremo nella serata delle cover) con un nuovo nome ma con lo spirito di sempre nel promuovere inclusione e accoglienza tramite l'infallibile arma della musica che «unisce lì dove il musicista straniero lo si vede come una spezia da mettere sopra un piatto, in questo caso, italiano e gli si perdona qualsiasi mancanza di conoscenza del piatto stesso», aggiunge Pecorelli. Si tratta di un'immagine non banale e che lascia ben intendere quella che può essere la funzione della musica, da sempre via preferenziale per la comunicazione tra i popoli ma anche per un contagio strettamente artistico a livello culturale.
Sono tanti gli esempi nella storia, dal viaggio in India dei Beatles passando per le influenze latino-americane che si sono diffuse anche in Europa tra gli anni '70 e gli anni '80. Una forma d'arte che ha sempre avuto la capacità di valorizzare ogni suo produttore «dando la possibilità ai migranti di potersi esprimere al meglio superando quella visione unica di 'forza-lavoro' che si vede intorno a loro» conclude Pino Pecorelli. Un linguaggio universale, una forma di comunicazione in grado di non creare incomprensioni ma solo un'armonica convivenza. Una possibilità concreta di dare valore a ognuno e alla possibilità relazionale.
Torna alla mente, in conclusione, uno studio intitolato Universality and Diversity in Human Song fatto nel 2019 e pubblicato sulla rivista Science. Un ampio gruppo di psicologi, antropologi, etnomusicologi e altri scienziati cercò di descrivere gli aspetti universali e quelli variabili della musica chiedendosi se fosse qualcosa di variabile in base alla società in questione, o se il linguaggio musicale fosse effettivamente universale e dunque da comprendere e utilizzare nella medesima modalità. Venne esaminata una gran mole di documenti etnografici, incluse molte registrazioni musicali, provenienti da 315 diverse società di tutto il mondo. Il risultato ha messo in evidenza quattro tipologie di canzoni (canzoni d'amore, ninne nanne, canzoni curative e canzoni da danza) che gran parte delle persone, pur provenienti da ambienti e culture tra loro differenti, hanno riconosciuto e collocato nel gruppo giusto, riconoscendo il tipo di canzone e confermando l'universalità di questa forma d'arte.
L'Osservatore Romano - 25/10/2024