In Italia 40.000 stranieri in cura per traumi legati alla migrazione

Circa 40.000 stranieri in Italia si sono rivolti a Dipartimenti di salute mentale nel 2022. È quanto emerge dal Rapporto Immigrazione 2024 a cura di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, in cui sono presenti alcuni dati in merito alla salute mentale dei migranti. La diagnosi più frequente è stata la depressione cui fa seguito la schizofrenia e altre psicosi funzionali. Uno studio pubblicato di recente (Henkelmann et al., 2020) ha sottolineato come, nel mondo, un rifugiato su tre presenti una diagnosi di depressione e di disturbo da stress post traumatico, mentre la presenza di disturbi di ansia è stata stimata essere di 1-2 rifugiati ogni 10. Viaggi allucinanti tra deserto e mare, lunghe detenzioni in condizioni spesso disumane, violenze e persino torture lasciano segni difficili da cancellare non solo sulla carne.
«Quello della salute mentale da parte dei migranti — afferma la dottoressa M. Luisa Cattaneo, responsabile per Crinali (cooperativa sociale) del servizio di psicoterapia, del servizio di clinica transculturale per i minori migranti e le loro famiglie — è un tema che viene trattato poco innanzitutto perché molto spesso il migrante stesso viene visto come un problema di ordine pubblico. In più c'è da considerare che per coloro che affrontano viaggi migratori il fatto di rivolgersi a uno psicologo non è una normalità per la loro cultura». Entrando nello specifico, un disagio che viene descritto e che i migranti vivono sulla loro pelle è di «sentirsi infantili, accusando malesseri per dei tempi lunghi di attesa. Da una parte sono grati perché viene loro data una possibilità, ma dall'altra si sentono parcheggiati all'interno di queste strutture». Un tema delicato che presuppone un approccio professionale dosato e preparato, per questo è necessaria una formazione specifica per operare nel campo dell'etnopsicologia: «Bisogna fare attenzione: nell'analisi del trauma è molto importante saper riconoscere le origini dell'evento traumatico che potrebbero essere molteplici. Siamo psicoanalisti "senza divano", nonostante abbiamo un nostro bagaglio culturale apriamo il nostro sguardo alla loro cultura. Ci deve essere una disponibilità totale ad accogliere e non a creare una gerarchizzazione a livello di culture» ammette Barbara Massimilla, psichiatra e psicoanalista, presidente di Dun, un'associazione che fornisce psicoterapia gratuita ai migranti, sia individuale che familiare, oltre che veri e propri percorsi psicoterapeutici che si avvalgono di laboratori creativi di scrittura, audiovisivi e molto altro. Per lei è importante sottolineare come si debba agire dando il giusto peso al problema: «A volte proprio noi stessi siamo manchevoli. Serve una maggiore propensione ad ospitare l'altro dentro di noi. Tra i migranti accade che molti siano chiusi e diffidenti, sono stati reattivi a quanto hanno sofferto nel viaggio migratorio. Pertanto, bisogna essere bravi ad ascoltare ed educare a una relazione umana e sensibile, anche a far conoscere i propri diritti tramite l'essere solidali e supportivi verso di loro. Bisogna che siamo noi a offrire uno spazio a loro affinché lo prendano».
In passato anche l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) aveva fatto presente l'importanza di considerare i disturbi mentali dei rifugiati col fine di poter sviluppare alcune politiche efficaci. Alla base psicoterapeutica del reintegro sociale dei migranti vi è l'aspetto familiare che riserva una posizione assolutamente rilevante per le donne, che sono oggetto di maggior attenzione da parte sia di Crinali che di Dun. Entrambe dedicano uno spazio alle donne, costrette a subire una serie di violenze cui viene dedicata "particolare attenzione" come confermato da Cattaneo. «Abbiamo un osservatorio sulle donne poiché sembra evidente come siano principalmente loro a soffrirne» aggiunge.
Crinali è nata nel 2002 tramite la «collaborazione tra donne di diversi Paesi e culture» e fornisce assistenza in modo particolare proprio alle donne.
«La figura dello psicologo — conclude Massimilla — è fondamentale, bisogna che siamo noi ad assumerci questo impegno. Abbiamo tutto l'interesse a prenderci cura di loro tanto a livello umano quanto a livello spirituale per favorire un'inclusione autentica. Oggi più che mai esiste l'esigenza di prendere in considerazione queste posizioni nel curare persone di altre culture».
L'Osservatore Romano - 18/12/2024