Il Montenegro punta all’adesione all’Unione europea

Un raggio di luce dopo mesi di difficoltà in Montenegro. Una speranza che non sancisce la fine della crisi istituzionale e politica, ma che potrebbe piantare le radici per una ripresa della cooperazione. Dopo mesi di boicottaggio, l'opposizione è tornata in Parlamento con l'obiettivo di incentivare una svolta per l'adesione del Montenegro all'Unione europea. Il Paese è ufficialmente candidato per far parte dell'Unione europea dal 2010, ma la fase delle trattative si sta rivelando più lunga del previsto per una serie di complesse situazioni che si sono susseguite nell'ultimo decennio.
A suscitare l'ira dell'opposizione lo scorso dicembre è stata la decisione del Parlamento di revocare il mandato a una giudice della Corte costituzionale, Dragana Đuranović, in quanto avrebbe raggiunto l'età pensionabile. L'opposizione l'ha definitivo un "golpe" costituzionale, chiedendo l'immediato annullamento della decisione poiché, quanto accaduto, non rispecchierebbe le procedure previste dalla legge. L'accusa, tra le righe, è anche quella di un maggior controllo sul potere giudiziario da parte del governo e il fatto che il presidente della Corte costituzionale avrebbe semplicemente inviato una lettera alla commissione affari costituzionali senza informare prima il Parlamento.
A fine dicembre, Danijel Živković, leader del Partito democratico dei socialisti (Dps) — che nel 2020, dopo trent'anni di governo ininterrotto, è passato all'opposizione — aveva affermato che non ci sarebbe stato alcun ritorno alla normale vita politica finché non fosse stata revocata la decisione di rimuovere dall'incarico la giudice Đuranović. Quest'ultima, dal canto suo, aveva provveduto a fare causa al Parlamento per "discriminazione".
Le radici di questa crisi politica interna sono profonde e testimoniate dalle vicende che, negli ultimi anni. hanno portato a una serie di governi di breve durata a causa dei voti di sfiducia. Nel 2022, per esempio, una mozione di sfiducia ha portato alla caduta del governo di Zdravko Krivokapić a seguito di mesi di turbolenza tra i partiti di maggioranza. In particolare, in quel caso il voto di sfiducia era stato richiesto dal vicepremier, Dritan Abazović, che contestava la lentezza delle riforme e lo stallo riguardante l'annessione del Montenegro all'Ue. Proprio Abazović è, poi, divenuto premier fino al 31 ottobre 2023, giorno dell'insediamento dell'attuale primo ministro montenegrino, Milojko Spajić, impegnato nella sfida di far rallentare il meno possibile le riforme necessarie per soddisfare i criteri di adesione all'Ue. Lo scorso luglio Spajić ha spinto per un rimpasto di governo che ha dato luogo all'esecutivo più grande della storia montenegrina: 32 membri per un governo "di riconciliazione e stabilità", visto dall'opposizione come una mera corsa alle poltrone.
Proprio queste fragilità sono la manifestazione della crisi istituzionale che segue al periodo di adattamento ai cambianti geopolitici che nel 2017 hanno determinato l'ingresso del Montenegro nella Nato. Adesione che suscitò forti critiche da parte della Russia.
Il presidente del Paese, Jakov Milatović, ha accolto favorevolmente il ritorno dell'opposizione in Parlamento, ma ha criticato il fatto che la firma dell'accordo abbia avuto luogo nell'ambasciata britannica, con l'avallo dell'ambasciatrice, Dawn McCann, e della commissaria dell'Unione europea per l'Allargamento, Marta Kos.
A livello parlamentare, l'intesa ha suscitato reazioni perlopiù positive, come testimoniato dal capogruppo del Partito democratico dei socialisti (Dps), Andrija Nikolic, o dal deputato del Partito popolare socialista (Pse), Vasilije Carapic. Ma c'è anche una minoranza che la pensa diversamente, come Ana Novakovic Djurovic, del movimento civico Azione Riformista Unita, la quale ha sostenuto che l'accordo ripropone principi già violati dalla maggioranza.
Il parziale superamento della crisi istituzionale in Montenegro pone le basi per la ripresa del lavoro parlamentare nell'ottica di un rafforzamento della stabilità e dei legami transatlantici.
L'Osservatore Romano - 28/03/2025