C'era una volta il soft power

L'attacco da parte della Russia nei confronti dell'Ucraina avvenuto oramai più di due anni fa ha riportato in auge a livello mediatico un concetto per diversi anni trattato quasi solamente in ambito scolastico: la guerra fredda. C'è chi ipotizza che non sia mai finita e chi addirittura crede che non sia mai esistita. Una certezza c'è: si tratta di una dinamica, quella tra gli Stati Uniti e la Russia, che ha posto basi importanti nell'attuale situazione internazionale.
Gli ultimi avvenimenti nel mondo, a cui si aggiunge anche qualche dichiarazione, sembrano costruire un ponte tra la fine degli anni Ottanta e oggi. Se la caduta del muro di Berlino ha sancito simbolicamente la fine della guerra fredda, sicuramente più confusionaria e frastagliata è la ricostruzione dei vari fatti che hanno portato a questa svolta storica. A livello sociologico un concetto che nel tempo si è ritagliato il suo spazio è il "soft power". "Quando riesci a far sì che gli altri ammirino i tuoi ideali e che desiderino ciò che tu stesso vuoi, non serve utilizzare il bastone e la carota per far muovere le persone verso la tua direzione. La seduzione è sempre più efficace della coercizione" è la definizione data da Joseph Nye, il politologo americano che ha coniato il termine in questione.
Questa forma di potere, diffusa negli anni '90 e diretta accompagnatrice del mondo nel nuovo millennio, indubbiamente conserva un tratto lodevole volto a evitare la violenza tra le nazioni e ogni forma di minaccia che, in situazioni delicate, può tramutarsi in un'azione violenta. Il potere che gli viene contrapposto è l'hard power: per alcuni tratti simile ma chiaramente più indirizzato alla violenza. Armi e disponibilità militari sono l'oggetto di queste pressioni psicologiche volte al controllo internazionale. Attrazione e persuasione sono, invece, le basi del soft power. In chiave di rapporti internazionali si tratta di un sistema chiaramente più pacifico e che, non a caso, è stato adoperato da varie realtà dopo il "secolo breve".
Ma il soft power, oggi, esiste ancora? O meglio: funziona ancora? Nell'idea di Nye il concetto, che pone le proprie radici in diverse teorie storico-sociali, nasce nello specifico come uno studio sugli Stati Uniti, paese in grado di avere un controllo sulla sfera internazionale grazie alla propria brillantezza. Un modello che molti altri stati hanno tentato di seguire e che, a larghi tratti, ha garantito anche una diffusa tranquillità. Una situazione oggi distante: la paura della guerra è tornata. O per meglio dire, si è risvegliata. Il tema legato ai conflitti nel mondo ha un'attenzione mediatica importante ed è argomento di discussione e di divisione politica in diversi paesi. Il posto che aveva l'attrazione di una nazione, il suo fascino interno e le potenzialità che questo mostrava è ora occupato dal sistema innescato dai conflitti nel mondo e dai rapporti tra stati che quotidianamente devono superare lo scoglio mediatico. Non si punta più sull'attrattività e sulla superiorità dei propri mezzi culturali e sociali. E lì dove viene cercata, non c'è più l'incidenza di prima. Le armi, le minacce, gli affronti stanno tornando sempre più al centro del controllo in una realtà che rischia di esserne fuori, però, dal controllo.