Antonio Monda incontra Jonathan Safran Foer

19.03.2025

Ieri 18 marzo presso il Maxxi Antonio Monda ha intervistato lo scrittore statunitense Jonathan Safran Foer. "Le Conversazioni" è un dialogo volto a creare un profilo profondo da parte degli intervistati. E Foer non poteva essere più sorprendente di così. Ambientalista e con dei principi che in più occasioni, nei suoi saggi, ha fatto intravedere. Eppure il suo cibo preferito è la bistecca. "Non la mangio", assicura. Ma lo sforzo di un impegno di principio nella sua vita lo porta ad ammettere che "non c'è sensazione migliore di riuscire nelle cose". Anche nell'evitare una bistecca "il cui odore è buonissimo e irresistibile". 

Neanche un pezzo di carne risulta essere banale quando ne parla Safran Foer e la scelta del suo luogo preferito ne è la conferma. "Casa. Ma non quella fisica". Si sa, "home is where the heart is". Riassume il senso della sua risposta e il bisogno di una "protezione", di cui tutti abbiamo bisogno e che lo fa riflettere su quanto importante e protettiva sia la barba. "Oltre a fornirmi uno strato in più, è qualcosa che mi accompagna sempre. Ed è sicuro al 100% che torna con me a casa". 

Il suo brano preferito, Here dei Pavement, pubblicato nel 1992, al solo ascolto di un minuto lo ha messo in imbarazzo in quanto "non si può discutere sul fatto che questo brano sia brutto". Il racconto di quanto aveva 16 anni e dei ricordi che scaturisce in lui, certamente, lo rendono più bello. 

La sua opera preferita è la "Pietà Rondanini" di Michelangelo, incompleta e in cui l'artista rinuncia alla bellezza del corpo per focalizzarsi sulla sofferenza e sull'anima. Il braccio scolpito e solo, di dubbia appartenenza, crea l'equilibrio adatto alla statua affinché non cada. Inoltre, come raccontato anche da lui, sembra che Michelangelo abbia lavorato su questa opera fino agli ultimi istanti della sua vita. 

Un momento commovente si verifica nel momento in cui parla del suo libro preferito. "Life? or Theatre?" di Charlotte Salomon, una pittrice tedesca di origini ebraiche e vittima dell'Olocausto. L'opera in questione contiene una serie di dipinti autobiografici composti da 769 opere singole dipinte tra il 1941 e il 1943 nel sud della Francia, mentre si nascondeva dai nazisti. 

Di Safran Foer colpisce la passione che ha per la semplicità. Un ritratto perfetto emerso dalla conversazione con Antonio Monda. 



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